«E in realtà il friulano non lo sapevo». Il casarsese di Pasolini da Poesie a Casarsa (1942) a La meglio gioventù (1954)
DOI:
https://doi.org/10.58221/mosp.v117i2.14476Keywords:
Pier Paolo Pasolini, Poesie a Casarsa, dialetto friulano, poesia dialettale, dialettologiaAbstract
La scelta del dialetto friulano da parte di Pasolini in Poesie a Casarsa (1942) si giustifica in primo luogo come presa di posizione contro l’usurata lingua della tradizione letteraria italiana in favore di una lingua marginale, «antichissima eppure del tutto vergine» (Pasolini, 1946, p. 14), trasfigurata in un personale idioletto poetico. Dal punto di vista strettamente dialettale, si tratta di una lingua libresca e artefatta, frutto di una «violenza linguistica» che «tendeva a fare del parlato casarsese insieme una koiné friulana e una specie di linguaggio assoluto, inesistente in natura» (Pasolini, 1954, p. 157).
Solo dopo il lungo apprendistato dialettale a Casarsa negli anni della guerra l’autore giunge alla piena padronanza del genuino dialetto casarsese come dimostra il rifacimento linguistico delle poesie del 1942 confluito nella Meglio gioventù (1954). Muovendosi tra filologia d’autore e dialettologia, il presente contributo indaga la sensibilità linguistica di Pasolini analizzando i cambiamenti apportati al sistema fonetico, morfosintattico e lessicale delle prime poesie nella nuova versione della Meglio gioventù per sondare da vicino il passaggio dalla «lingua inventata» alla «lingua imparata» (Canciani, 1983, p. 97).
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